Nel libro “Perché il Sud è rimasto indietro” l’autore, Emanuele Felice,  fornisce la serie storica del divario Nord – Sud dal 1871 ad oggi. Avvisa subito che i dati del 1861, anno in cui fu annesso il Regno Duosiciliano, non ci sono, e che ricostruirli “… sarebbe un esercizio poco serio e quindi risparmiamocelo”. Però, dopo poche pagine, si lancia proprio nell’”esercizio poco serio” e afferma che nel 1861 fatto 100 il PIL pro capite nazionale quello del Sud era tra il 75% e l’80%. Ci spiega poi che, grazie all’Unità d’Italia, il PIL del Sud crebbe miracolosamente per 10 anni fino al 90% del 1871, anno in cui le serie storiche diventano universalmente accettate.  Però appena queste diventano ufficiali puff … il miracolo finisce e dal 1871 il divario peggiora costantemente. Nel 2001 il Sud è al  69% del PIL medio italiano, e oggi siamo intorno al 65%. In sintesi per Felice quando non c’erano i dati, proprio grazie all’Unità d’Italia, il divario Nord – Sud è diminuito, ma da che ci sono i dati è invece aumentato ma non a causa dell’Unità d’Italia. Perché allora? E qui il nostro si lancia nella solita poltiglia anti meridionalista giustificandola prendendo i numeri e i fatti che gli fanno comodo e ignorando gli altri.

Luca Ricolfi

Qualche anno prima di Felice, Ricolfi aveva pubblicato un libro “Il sacco del Nord”. In questo libro sostenne che il Sud viveva alle spalle del Nord e che in realtà fosse più ricco del Nord stesso. Come? Dando un valore economico al tempo libero. Vengono così stravolti i divari Nord Sud. Ovviamente dimentica, il Ricolfi, che l’abbondanza di un bene lo deprezza e che il tempo libero di un disoccupato ha un valore diverso da quello di un neurochirurgo, ma tant’è. Nella pubblicistica antimeridionale tutto fa brodo.

Barbero e Augias

Passiamo a Barbero, che per contestare i Neo Borbonici su Fenestrelle scrive un corposo libro . I Neo Borbonici pongono la quota a cui si trova il Forte di Fenestrelle a 1800 metri sul livello del mare, Barbero a 1200. Differenza non da poco per stabilire quanti fossero nel 1861 i morti tra i prigionieri mal nutriti e mal vestiti dell’esercito napoletano chiusi nel Forte posto nella gelida Val Clusone. Chi ha ragione? Nessuno dei due. In realtà il Forte è un insieme di strutture poste tra quota 1200 e quota 1800. Però Barbero è rock e non fa propaganda ma storia, i neo borbonici sono lenti e guai a chiamare  Barbero neo sabaudo.

Andiamo ad Augias che sulle vicende risorgimentali, quando non gli conviene, propone l’oblio … a senso unico però, visto che a Torino, presso l’università statale, c’è un Museo dedicato al Lombroso. Di la dalle intenzione del Lombroso stesso le sue teorie furono utilizzate per giustificare la feroce repressione ai briganti, relegandoli a sub specie umana. Come Felice, memoria selettiva: ricordiamo quello che conviene.

Perché faccio questa tiritera?

Perché la pubblicistica anti meridionale crea un costante pregiudizio nei confronti del Mezzogiorno e quindi tutte le volte che c’è un pregiudizio non si riescono a capire cause e soluzioni dei problemi.

Quando questi pregiudizi sono poi diffusi da Felice, che è il responsabile economico del PD che ha proprio nel Sud il proprio bacino elettorale, da Ricolfi, che si definisce illuminista e fa parte della fondazione che pomposamente si richiama a Hume, oppure da mostri della cultura in pillole come Augias e Barbero diventa quasi impossibile ragionare e capire. Se uno ci prova viene insultato sui social.

Facciamo una prova.

Se vi chiedessi perché la sanità campana funziona peggio di quella lombarda cosa rispondereste?

Non fate i timidi, suvvia! Bravi, ci siete: i campani sono brutti, sporchi e cattivi. Insomma la risposta antropologica è l’unica che vi viene in testa. A nessuno mai verrebbe in mente di rispondere perché lo Stato spende in Campania per la sanità 1.593,11 euro anno per abitante mentre in Lombardia ne spende 2.532,79.

Sorpresi? Ora vi tolgo il fiato perché lo so già che state pensando che tanto è inutile dare soldi ai campani perché li butterebbero dalla finestra. Ma il monitoraggio della spesa sanitaria italiana mostra che in un solo anno, e tutti gli anni da 10 anni, la sanità campana produce un avanzo di gestione di più di 43 milioni di euro. Quello che la ricca Lombardia ci mette 10 anni a produrre.

Ma le sorprese non finiscono qui. Per le politiche sociali, che insieme a quelle per la sanità rappresentano il 50% delle spese regionali, nel 2018 in Lombardia sono stati spesi 6.711,16 euro per abitante. E in Campania? Solo 4.672,77!

Differenze imbarazzanti.

Le differenze sono imbarazzanti e moltiplicandole per il numero di abitanti della Campania si vede che questa riceve 17 miliardi di euro l’anno in meno, che per 10 anni fanno 170 miliardi. Se applichiamo questa differenza a tutto il Sud parliamo di 45 miliardi l’anno che in 10 anni fanno 450 miliardi: più del doppio del recovery plan. E fino ad ora non abbiamo parlato del divario infrastrutturale del Sud con il Nord.

Se proprio sentite la necessità di arrampicarvi sugli specchi ora direte che la spesa pubblica non produce PIL. Eccome se lo produce! Si possono assumere medici e infermieri scegliendo i migliori, attrarre malati da altre regioni che portano i loro famigliari a occupare alberghi e pensioni per l’assistenza ai parenti. Con i quattrini per la coesione sociale si sviluppa il terzo settore. Andate a vedere in Lombardia quanti ci campano!

Siete tramortiti, ammettetelo. Vi vedo affannati a cercare conferme ai vostri pregiudizi nell’evasione fiscale, ma, fidatevi, l’evasione, se in tale ambito mettiamo anche quella legale dei grandi gruppi, FIAT, Ferrero, Mediaset, eccetera, è di gran lunga maggiore al Nord e la povera Basilicata, per esempio, ha un incidenza di imposte pagate sul PIL simile a quella della Lombardia, a dispetto della progressività impositiva.

E la Cassa per il Mezzogiorno?

Finalmente vi vedo sorridere, pensate di avermi fregato: e la Cassa per il Mezzogiorno dove la mettiamo?  La Cassa nacque nel 1950 per la viabilità rurale al Sud. Volete dirmi che nello stesso periodo non è stato fatta neanche una strada interpoderale al Nord? A parte le autostrade e il resto, intendo. Oppure che qualche aziendina del Nord, come la Fiat per esempio, non ha munto alle casse pubbliche per decenni tra incentivi e cassa integrazione? Il punto è che ogni spesa al Sud si strombazza come “intervento straordinario”, per fare un centesimo di quello che in silenzio si fa come “intervento ordinario” al Nord. Si guarda solo la parte straordinaria della spesa pubblica e mai si somma regione per regione la spesa corrente e quella per investimenti e si confrontano i totali.

Se si facesse questo esercizio si scoprirebbe la vera ragione del divario Nord Sud: la differenza di spesa pubblica sia per le spese correnti sia per gli investimenti!!!

Fake News?

Lo so che pensate che io spacci fake news? Ebbene no: qui trovate i dati della spesa pubblica ordinaria per regione e qui  il monitoraggio della spesa sanitaria. Su qualsiasi cartina d’Italia trovate invece la differenza di infrastrutture tra Nord e Sud, dall’Alta Velocità alle autostrade e persino sulla piantina dell’ultimo giro d’Italia che non è arrivato neanche ad Eboli. Ma anche il Giro d’Italia muove PIL e fa pubblicità ai luoghi dove passa.

Ma non ditelo a Felice o a Ricolfi che i dati preferiscono inventarli, invece di prenderli dai conti pubblici territoriali prodotti dalla relativa agenzia. Occorrerebbe prima esaminare i numeri e verificarne la consistenza, poi elaborare una teoria. Molti, come Ricolfi e Felice, preferiscono il contrario: elaborare una teoria e cercare una conferma nei … segni o nelle rune. È così che nascono i terrapiattisti.

Ma veniamo al PNRR.

Se questo fosse ripartito in Italia con gli stessi criteri utilizzati dall’Europa per distribuirlo nei vari stati europei al Sud ne competerebbe il 70% almeno. Non ci credete? Qui c’è tutto .

Il fatto è che in Europa la divergenza tra le economie dei vari paesi è considerato un problema che potenzialmente può disgregare l’Europa stessa.

Lo stesso presidente del consiglio, Mario Draghi,  nel suo ultimo discorso alla camera ha detto : “Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 per cento al 7,7” .

I due Draghi

Ovviamente si tratta del Mario Draghi che prima di diventare presidente del consiglio faceva il commesso alla Standa e non di quel Mario Draghi corresponsabile di questi disastri e di cui, per fortuna, non si sente più parlare e che da DG del Ministero del Tesoro scrisse i contratti per la svendita del patrimonio pubblico ai privati e comperò titoli tossici da Goldman Sachs. Che da Governatore della Banca D’Italia autorizzò l’acquisto di Antonveneta da parte di MPS. Che da neo Governatore della BCE scrisse una lettera, insieme a Trichet, con i compiti assegnati al governo Berlusconi, e che fece il Governo Monti e che da governatore della BCE mise, inutilmente visti i risultati, in ginocchio la Grecia.

Ma quale è il punto di questa chiacchierata? Il punto è che il PNRR è un elenco di progetti privo di visione e che, purtroppo, darà esiti molto modesti rispetto agli sforzi richiesti.

Sepolti dal pregiudizio

Ma come si fa a maturare la visione di un futuro che recuperi centralità politica, logistica ed economica al Mezzogiorno d’Italia che è il centro del Mediterraneo che è a sua volta il luogo di incontro di tre continenti e dove invece di sviluppo e progresso c’è il desereto?

Come si fa in una Italia divisa dai pregiudizi e dalla propaganda della pubblicistica antimeridionale a far comprendere l’importanza del Sud nelle strategie di sviluppo dell’intero Paese? Come si fa a far capire che il potenziale dei porti del Sud, in specie quello di Taranto e di Gioia Tauro, è un multiplo rispetto a quello di Genova e di Trieste? Come si fa a far comprendere tutto questo in una Italia in cui appena si parla del Ponte sullo Stretto ci sono i soliti soloni che affermano che fare il Ponte, e le infrastrutture, al Sud equivale a fare un regalo alla mafia? Come si fa a far capire che poi all’estero non fanno distinzione e che il pregiudizio dal Sud si trasferisce all’intero Paese? Non era un giornale tedesco a dire che dare i soldi all’Italia equivaleva a darli alla mafia?

Ecco perché questa pubblicistica stucchevole contro il Mezzogiorno arricchita di analisi fantasiose e false uccide la capacità di rinascita non del Sud, ma dell’intero Paese perché impedisce di capire i problemi e individuare  le soluzioni.

Inoltre questi continui pregiudizi sul Sud rendono diviso il Paese diffondendo tossine sempre più difficilmente smaltibili ma quando i seminatori di tossine sono parte fondante di quel ceto che dovrebbe invece combattere i pregiudizi al Paese non resta che soccombere.

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